Tabelle millesimali errate: ogni condomino ha diritto a chiederne la revisione
Avv. Paolo Accoti
Ogni condomino ha diritto a chiedere la revisione delle tabelle millesimali qualora le stesse siano frutto di una concreta discordanza tra i valori millesimali reali e quelli indicati in tabella.
Peraltro, la prova dell’anzidetta divergenza non ricade sul condomino richiedente, dovendo lo stesso limitarsi a svelare l’esistenza di errori oggettivamente riscontrabili.
Questi i principi di diritto ribaditi dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 1848, depositata in data 25 Gennaio 2018.
La sentenza in questione si è occupata della fattispecie relativa alla revisione delle tabelle millesimali, ex art. 69 disp. att. Cc, nella formulazione vigente prima dell’entrata in vigore della riforma del condominio (L. 220/2012), il quale disponeva come
«I valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, nei seguenti casi:
quando risulta che sono conseguenza di un errore;
quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di bassa portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano».
Nell’anno 2001, infatti, un condomino citava in giudizio il resto della compagine condominiale, al fine di revisionare le tabelle millesimali siccome non conformi all’effettivo valore millesimale degli appartamenti.
Che, peraltro, una tale opera di revisione era stata già avviata su impulso dell’assemblea ma che, tuttavia, non è mai stata dalla stessa approvata.
Istruita la causa con l’ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale di Firenze rigettava la domanda ritenendo come «le quote in uso e quelle indicate dall’ausiliare non erano “connotate dall’esistenza di un vero e proprio errore”, in quanto la differenza accertata derivava “da un margine di fisiologica opinabilità”», e anche la Corte d’Appello, successivamente adita dall’attore, confermava la decisione impugnata.
Propone ricorso per cassazione il condomino eccependo la violazione dell’art. 69 disp. att. Cc, nel testo vigente all’epoca di instaurazione del giudizio, evidenziando come dagli accertamenti peritali sarebbe emersa l’oggettiva discordanza tra i valori millesimali reali e quelli attribuiti invece con le tabelle vigenti.
La Corte di Cassazione, riunita in camera di consiglio, premette da subito come la Corte d’Appello non si sarebbe uniformata all’interpretazione consolidata del giudice di legittimità.
Ed invero, «Il diritto spettante anche al singolo condomino di chiedere la revisione delle tabelle millesimali, in base all’art. 69 disp. att. c.c. (nella formulazione, applicabile “ratione temporis”, anteriore alla I. n. 220 del 2012) è subordinato all’esistenza di un errore o di un’alterazione del rapporto originario tra i valori delle singole unità immobiliari.
L’errore, in particolare, determinante la revisione delle tabelle millesimali, è costituito dalla obiettiva divergenza fra il valore effettivo delle unità immobiliari e quello tabellarmente previsto.
La parte che chiede la revisione delle tabelle millesimali non ha, peraltro, l’onere di provare la reale divergenza tra i valori effettivi e quelli accertati in tabella, potendo limitarsi a fornire la prova anche implicita di siffatta divergenza, dimostrando in giudizio l’esistenza di errori, obiettivamente verificabili, che comportano necessariamente una diversa valutazione dei propri immobili rispetto al resto del condominio.
Il giudice, a sua volta, sia per revisionare o modificare le tabelle millesimali di alcune unità immobiliari, sia per la prima caratura delle stesse, deve verificare i valori di tutte le porzioni, tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi – quali la superficie, l’altezza di piano, la luminosità, l’esposizione – incidenti sul valore effettivo di esse e, quindi, adeguarvi le tabelle, eliminando gli errori riscontrati (Cass. Sez. 2, 25/09/2013, n. 21950; Cass. Sez. 2, 15/06/1998, n. 5942)».
Che, peraltro, nessun rilievo può avere la circostanza che le tabelle millesimali siano di origine convenzionale o frutto di un deliberato assembleare, atteso che «soltanto qualora i condomini, nell’esercizio della loro autonomia, abbiano espressamente dichiarato di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto negli artt. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c., dando vita alla “diversa convenzione” di cui all’art. 1123, comma 1, c.c., la dichiarazione di accettazione ha valore negoziale e, risolvendosi in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo, impedisce di ottenerne la revisione ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c., la quale, come visto, attribuisce rilievo esclusivamente alla obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell’edificio ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle.
Ove, invece, tramite l’approvazione della tabella, anche in forma contrattuale (mediante la sua predisposizione da parte dell’unico originario proprietario e l’accettazione degli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari, ovvero mediante l’accordo unanime di tutti i condomini), i condomini stessi intendano (come, del resto, avviene nella normalità dei casi) non già modificare la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, bensì determinare quantitativamente siffatta portata (addivenendo, così, alla approvazione delle operazioni di calcolo documentate dalla tabella medesima), la semplice dichiarazione di approvazione non riveste natura negoziale, con la conseguenza che l’errore che, in forza dell’art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle millesimali, non coincide con l’errore vizio del consenso, di cui agli artt. 1428 e ss. c.c., ma consiste, per l’appunto, nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito (Cass. Sez. 2, 26/03/2010, n. 7300)».
In realtà la corte territoriale, nonostante l’accertata discordanza delle tabelle millesimali con la realtà, ha ritenuto tale discrasia «contenuta nei limiti della decenza estimativa», dimenticando che, laddove sussista una qualsiasi obiettiva divergenza fra il valore effettivo delle unità immobiliari e quello tabellarmente determinato, è obbligo del giudice di eliminare l’errore riscontrato.
Pertanto il ricorso viene accolto e la sentenza cassata rinviata ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze per l’applicazione degli anzidetti principi di diritto.
Fonte http://www.condominioweb.com/revisione-delle-tabelle-millesimali.14517#ixzz55ZmI2NP8
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